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dai GIORNALI di OGGIVeltroni replica: "S'Inchini davanti a carta su cui ha giurato" Berlusconi: "Costituzione ideologizzata" Il premier: "Riforme necessarie, costituenti ispirati da Costituzione russa" 2009-02-08 |
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I PRESIDENTI DELLA REPUBBLICA:
DC ( 37 Anni) De Nicola (1948) Einaudi (1948-1955) Gronchi (1955-1962) Segni (1962-1964) Leone (1971-1978) Cossiga (1985-1992) Scalfaro (1992-1999) |
SOCIALISTI (14 Anni) Giuseppe Saragat (1964-1971) Pertini ( PSI ) (1978-1985) INDIPENDENTE (7 A nni) Ciampi (1999-2006) |
SINISTRA (2 Anni) Napolitano ( ex PCI ) (2007 ) |
PRESIDENTI DEL CONSIGLIO dei MINISTRI
DC-PRI-PSDI-PLI Centro Destra (PSI-PCI pposizione) 1948-1962 (35 Anni)7 Alcide De Gasperi (DC) 6 Amintore Fanfani (DC) 1 Giuseppe Pella (DC) 1 Mario Scelba (DC) 2 Antonio Segni (DC) 1 Adone Zoli (DC) 1 Fernan.Tambroni (DC) 2 Giovanni Leone (DC)
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DC-PSI-PRI-PSDI- PLI Centro Sinistra (PCI Opposizione) 1963-1992 (29 Anni)5 Aldo Moro (DC) 2 Francesco Cossiga (DC) 1 Arnaldo Forlani (DC) 5 Mariano Rumor (DC) 1 Emilio Colombo (DC) 7 Giulio Andreotti (DC) 1 Giovanni Goria (DC) 1 Ciriaco De Mita (DC) 2 Giovan. Spadolini (PRI) 2 Bettino Craxi (PSI) 2 Giuliano Amato (PSI) |
PDL FI-Lega-AN Centro Destra ( 6 Anni) 4 Silvio Berlusconi Centro Sinistra (2,5 Anni) 1 Carlo Azelio Ciampi ( Indipendente ) 1 Lamberto Dini ( Indipendente ) |
PD Centro Sinistra (5 Anni)2 Romano Prodi (ex DC) 2 Massimo D'Alema (ex PCI) |
CORRIERE della SERA
per l'articolo completo vai al sito http://www.corriere.it2009-02-08 Veltroni replica: "S'Inchini davanti a carta su cui ha giurato" Berlusconi: "Costituzione ideologizzata" Il premier: "Riforme necessarie, costituenti ispirati da Costituzione russa" CAGLIARI - "Serve un chiarimento", anzi, una "riforma" della Costituzione. Lo chiede il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che muovendo da quanto accaduto sul caso Englaro chiede a gran voce "un chiarimento sulla lettura della Carta costituzionale". E lo fa osservando, ad esempio, che "la responsabilità del giudizio sui requisiti di necessità e urgenza per la decretazione sia del governo e che il giudizio su questo fatto sia già attribuito al Parlamento che esamina l’esistenza di questi requisiti come primo atto nella Prima Commissione". RIFORME - "Ora andremo a fare delle riforme - ha proseguito il premier poco prima di lasciare Cagliari - e può darsi che andremo subito a chiarire il dettato della Carta". Lasciando intendere che senza strumenti legislativi come i decreti il governo si svuota delle sue funzioni e può addirittura "andarsene a casa", Berlusconi scandisce che dopo una riflessione occorrerà vedere "se dovremo arrivare a quelle riforme della Costituzione che sono necessarie perché la Carta è una legge fatta molti anni fa sotto l’influenza della fine di una dittatura e con la presenza al tavolo di forze ideologizzate che hanno guardato alla Costituzione russa come a un modello da cui prendere molte indicazioni". "PRASSI RIDICOLA" - E poco prima, tornando sul caso Englaro, Berlusconi aveva criticato apertamente la missiva inviata al consiglio dei ministri dal Capo dello Stato: "Con i poteri che ha ora il presidente del Consiglio e in più con l’ipotesi di una prassi che fa intervenire il capo dello Stato addirittura prima che si prendano decisioni la situazione è veramente una situazione che fa ridere". Il premier concede solo la "cortesia istituzionale" del confronto tra Quirinale e Palazzo Chigi, ma precisa che a chiedere quella lettera, quel parere, non è stato di certo lui. "La volontà di mandare una lettera è stata loro. Sono loro ad aver comunicato al dottor Letta l’esistenza di quella lettera". VELTRONI REPLICA - Dura replica del segretario del Pd, Walter Veltroni, alle critiche del premier Silvio Berlusconi alla Costituzione. "Berlusconi - afferma Veltroni- dimentica di aver giurato fedeltà alla Costituzione italiana. La Costituzione è nata grazie al sacrificio di milioni di italiani che contrastarono chi aveva cancellato il ruolo del Parlamento e messo gli oppositori in condizione di non poter esprimere le proprie idee. Berlusconi si deve inchinare davanti alla Costituzione e davanti al sacrificio di quegli italiani". 07 febbraio 2009(ultima modifica: 08 febbraio 2009)
Andreotti: la Carta? Grande equilibrio, durerà altri 50 anni ROMA — Cambiare la Costituzione per governare a colpi di decreti-legge? "No grazie", dice Giulio Andreotti, pluripresidente del Consiglio, ministro e deputato dell'Assemblea costituente. Ma aggiunge anche "Berlusconi per la Englaro non va criticato". Senatore Andreotti, la nostra è una Costituzione "sovietica"? Influenzata dal modello dell'ex Urss che ispirava gli esponenti del vecchio Pci? "Certamente lo sforzo che fu fatto allora, nonostante le divisioni internazionali dei due blocchi, fu proprio di tenere insieme situazioni diverse. La nostra Costituzione comunque fu fatta per durare ed in effetti è durata". Sessant'anni ma li dimostra tutti, dice però Berlusconi. "Chi è al governo ha spesso la tentazione di fare di più. Di guadagnare tempo, di avere più potere. La Costituzione esprime invece un grande equilibrio, proprio perché uscivamo da un regime e da una dittatura e quindi volevamo salvaguardare lo spirito della libertà". Il premier ha fatto l'esempio del prossimo G8 di luglio che dovrà affrontare il problema della crisi economica internazionale. Ha detto che è difficile prendere impegni con gli altri capi di governo: perché le misure che verranno decise da noi devono essere approvate con un meccanismo parlamentare vecchio e lento... "Il nostro è un sistema equilibrato che impedisce sia fughe in avanti sia lunghe attese: le cose si fanno. Ha dimostrato di funzionare anche in momenti difficili, con il terrorismo. Funzionerà ancora. Mi creda, per i prossimi cinquant'anni non c'è proprio la necessità di modificare la nostra Carta costituzionale. Poi i posteri vedranno... In ogni caso il decreto legge è un istituto valido, previsto proprio dalla Costituzione. Va usato sempre giustamente, non se ne deve abusare, ma fu voluto con lucidità proprio dalla Costituzione". Veltroni dice che Berlusconi ha preso la palla al balzo del decreto legge per la Englaro, per poi chiedere di modificare la Costituzione. Se lei fosse stato capo del governo il decreto legge per "salvare" questa donna l'avrebbe fatto? "Non voglio insegnare il mestiere a nessuno. Non voglio esprimere un giudizio. Ma se Berlusconi ha ritenuto di dover presentare un decreto legge non va criticato: è nella responsabilità del governo. Non bisogna dimenticare che chi governa spesso ha elementi che altri non hanno. E poi quello per Eluana Englaro era un decreto legge che non faceva male a nessuno. Come dicono i medici? Primum non nocere, per prima cosa non nuocere". M. Antonietta Calabrò 08 febbraio 2009
L'analisi Dietro lo scontro: i perché di un affondo Non si tratta più soltanto di uno scontro istituzionale, ma è diventata un'offensiva in piena regola Non è più un conflitto istituzionale, ma un'offensiva in piena regola. Silvio Berlusconi non si ferma. Anzi, avanza e alza il tiro. Continua a bersagliare Giorgio Napolitano, e intanto punta sulla Costituzione "approvata con i filo-sovietici": quel Pci di cui il capo dello Stato è un figlio. I toni lasciano capire che lo scontro con il Quirinale si incattivirà. Nella scia del "caso Eluana" Napolitano si limita a replicare che nessuno ha "un monopolio" della vicinanza ai malati e che comunque lui "confida nei cittadini". Sembra una risposta al premier e alle critiche del Vaticano. Ma appare sulla difensiva; e con lui le sinistre e i radicali che lodano il suo "no" al decreto del governo. Il "caso Englaro" si sta rivelando l'occasione scelta da Berlusconi per riequilibrare a proprio favore i poteri fra Palazzo Chigi e presidenza della Repubblica. Importa relativamente la virulenza con la quale tende a delegittimare la Carta fondamentale. È più interessante chiedersi perché lo faccia; perché abbia deciso l'affondo contro il presidente della Repubblica. A favorire l'accelerazione è stato probabilmente l'uso politico della lettera dal Quirinale che anticipava la bocciatura del decreto sul "caso Eluana" mentre il Consiglio dei ministri stava ancora decidendo; e forse, la convinzione che il Paese sia più diviso di quanto non appaia su una vicenda inizialmente sottovalutata. La campagna della Chiesa cattolica ha modificato la percezione dell'agonia della ragazza in coma da diciassette anni. Ha seminato dubbi sulle sentenze della Cassazione e sulle procedure scelte. E Berlusconi ha colto questi umori e deciso di cavalcarli, sicuro di avere dietro il Vaticano e i vescovi italiani; e di potere con un colpo solo spiazzare Napolitano, opposizione, avversari interni e magistratura. Sostenere che la prassi delle lettere preventive del Colle al governo "è ridicola" significa liquidare una prassi mal sopportata; e vedere "un'implicazione dell'eutanasia" nella nota arrivata venerdì accentua il fossato fra governo e presidenza della Repubblica. Il risultato è quello di accreditare uno schema bipolare non solo in termini politici, ma quasi esistenziali. Berlusconi sembra deciso a intensificare una pressione insieme culturale e istituzionale; a contrapporre "cultura della vita e della morte", nelle sue parole. Da una parte il centrodestra, appoggiato dalle gerarchie cattoliche. Dall'altra la sinistra, sulla quale Palazzo Chigi cerca di schiacciare Napolitano e il suo profilo di imparzialità; e i radicali, con le loro posizioni a favore dell'eutanasia. Affiora qualche ammissione sulla debolezza della sinistra e della cultura laica come una delle cause di quanto sta accadendo. Ma prevale la polemica contro le "ingerenze vaticane". È un fantasma evocato a intermittenza: fra l'altro, i vescovi italiani hanno attaccato il governo di recente per la legge che permette ai medici di denunciare gli immigrati clandestini in cura da loro; ma nessuno ha protestato. Eppure, l'intervento doveva rientrare nella tesi dell'ingerenza. Probabilmente, nel "caso Eluana" lo scontro fra Palazzo Chigi e Quirinale ha reso inevitabile un'attenzione inedita; e ha portato a rimarcare la convergenza fra governo e Santa Sede e il contrasto inaspettato con Napolitano. Comincia a prendere corpo il sospetto che sia lui o meglio la Presidenza della Repubblica, il bersaglio grosso berlusconiano. Se è così, le polemiche di questi giorni sono destinate ad avere un lungo seguito. E, purtroppo, ad accompagnare la vicenda di Eluana Englaro come una colonna sonora stonata, modulata inevitabilmente su massicce dosi di strumentalità da entrambe le parti. A fermare l'offensiva del premier potrebbe essere solo un difetto nella tenuta del centrodestra. Ma osservando l'esito del Consiglio dei ministri di venerdì che ha confermato il decreto, per ora Berlusconi sembra in grado di governare la propria maggioranza: con la carota o col bastone. Massimo Franco 08 febbraio 2009
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REPUBBLICA per l'articolo completo vai al sito http://www.repubblica.it/2009-02-08 L'ex capo dello Stato ricorda che la firma di un decreto "non è un atto dovuto" Timori sui rapporti Stato-Chiesa. "Napolitano è una garanzia per il Paese, non lo si indebolisca" Ciampi: triste per l'uso del dolore guai ridurre il Presidente a passacarte di SEBASTIANO MESSINA Ciampi: triste per l'uso del dolore guai ridurre il Presidente a passacarte Carlo Azeglio Ciampi ROMA - Tristezza e amarezza. Usa queste due parole, Carlo Azeglio Ciampi, per spiegare quello che prova nel momento in cui il conflitto tra Quirinale e Palazzo Chigi diventa incandescende. Lui che riuscì a "coabitare" per cinque anni con il presidente del Consiglio Berlusconi, forse è l'uomo che si rende conto meglio di chiunque altro di quanto sia pesante per un Capo dello Stato prendere una decisione in solitudine, contro l'opinione del governo in carica. Cosa ha provato vedendo in tv il presidente del Consiglio che apriva così duramente un conflitto con il Capo dello Stato? "Ho provato un senso di grande tristezza. E di amarezza. Perché mi rattrista molto vedere che un caso umano così doloroso diventi occasione per cercare di attaccare il Capo dello Stato. E' davvero inopportuno, e mi amareggia innanzitutto come cittadino, che si prenda spunto da una vicenda drammatica per cercare di affievolire i poteri del Presidente. Sono stato al Colle per sette anni e conosco bene la delicatezza dei rapporti tra il Quirinale e Palazzo Chigi. Ma non si cerchi di indebolire il Presidente. Lui è una garanzia per il Paese. Questo è la prima ragione della mia tristezza. Ce n'è anche un'altra, purtroppo". Quale, presidente? "Il fatto che si siano create delle tensioni in un rapporto storicamente delicato come quello tra lo Stato e Chiesa. Vede, io sono cattolico di religione, ma profondamente laico come cittadino. C'è la Chiesa e c'è lo Stato. La Costituzione definisce chiaramente i rapporti reciproci, e duole vedere che alcune dichiarazioni rischiano di creare problemi in questo delicatissimo rapporto. Ed è un fatto grave, perché proprio quest'anno ricorrono gli ottant'anni dai Patti Lateranensi: dovremmo ricordarci tutti che Stato e Chiesa devono collaborare sempre con reciproco rispetto". Nei suoi sette anni al Quirinale, qualcuno le ha mai detto che lei non aveva diritto di sindacare il contenuto dei decreti legge? "Mai. Ho avuto, certo, alcuni momenti non facili con i presidenti del Consiglio con cui mi sono trovato a collaborare. Ma la Costituzione dice chiaramente che il Capo dello Stato emana i decreti legge, cioè li firma. Ebbene, questa firma non è affatto un atto dovuto. Il presidente della Repubblica deve essere convinto della necessità del provvedimento. Non può essere ridotto a uno spolverino, a un passacarte del governo. La sua firma deve essere un atto convinto, meditato. Non è affatto un visto. Rientra pienamente nei poteri che gli assegna la Costituzione". A proposito di firme. Lei aprì un conflitto tra poteri dello Stato, davanti alla Corte Costituzionale, per chiarire chi fosse il vero titolare del potere di grazia. Il Guardasigilli, all'epoca il leghista Castelli, sosteneneva che senza la sua controfirma il Presidente non poteva graziare nessuno. "Sì, io mi trovai di fronte a una tesi secondo la quale il presidente poteva esercitare il potere di grazia solo su proposta del Guardasigilli. Anche la prassi di tanti anni, devo dire, andava in questa direzione. Ma io presentai ricorso alla Corte Costituzionale perché si chiarisse che quello era un potere del Presidente, un atto di sua esclusiva responsabilità. Lo feci anche se alcuni dei miei consiglieri mi avevano avvertito che era un rischio, perché la Corte avrebbe potuto anche darmi torto. Invece mi diede ragione. E questo punto è stato finalmente chiarito". Già, i giudici costituzionali stabilirono che quella del Guardasigilli era una controfirma dovuta. Non potrebbe oggi Berlusconi usare lo stesso ragionamento per sostenere che il potere di emettere un decreto legge spetta solo al governo, e che la firma del Presidente è un atto dovuto? "Non credo proprio che i due casi siano sullo stesso piano. Quello di emanare un decreto legge non è un potere formale, un visto: è un potere sostanziale. Uno dei poteri che fanno del Presidente della Repubblica il garante della Costituzione". (8 febbraio 2009)
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